Storia di una discola

L'Ozio sorgente d'ogni vizio, spingendo purtroppo a mano a mano coloro, che vi si abbandonano, ai più gravi delitti, esigeva in questa popolosa Città, e Provincia un pronto riparo, che allontanasse dalla Società i traviati, e rinchiusi in un apposito Stabilimento venissero sottoposti ad un regolato tenor di vita, in cui le morali cristiane istruzioni unite ad un giornaliero travaglio fossero valevoli a correggere e migliorare il costume, e renderli utili e pacifici Cittadini.

Si apre così l' "Editto sul Reclusorio pei Discoli, e sul metodo di Procedura contro i Precettati", emanato il 29 luglio 1822 dal Cardinale Giuseppe Spina e conservato presso l'Archivio di Stato di Bologna (Bandi, proclami, avvisi, leggi, decreti, stampe governative, 121. 1 maggio-31 luglio 1822, nr. 257). Come specifica il Regolamento pubblicato contestualmente all'editto, nell'istituto finivano recluse almeno quattro classi di persone: i figli discoli, segnalati dai genitori; i perdigiorno che trascorrevano il tempo sui Caffè, Bigliardi, Osterie, Bettole, dandosi all'ozio e alla dissolutezza; le donne di cattiva vita e i corrottori del costume, ossia le prostitute e i loro datori di lavoro; tutti quelli, infine, che non mutavano i loro modi dopo aver ricevuto dalla Polizia un primo avvertimento per oziosità, o per vagabondaggio, o pel carattere torbido e facinoroso, o per altri non meglio specificati giusti motivi.
La prima classe, dunque, è quella dei correggendi di famiglia, cioè di quegli individui, più o meno giovani, arrestati e consegnati al Discolato su richiesta di genitori o parenti per essere riportati sulla retta via. Dalle carte della Casa di correzione, conservate presso l'Archivio storico della Provincia leggiamo dunque una lettera indirizzata dalla Direzione provinciale di polizia al Direttore della Casa stessa (b. 42, 1833, Reclusi):

Per pessima condotta in famiglia, minaccie, e vie di fatto contro i proprii genitori, fo' tradurre a codesto stabilimento il giovinastro Luigi M., onde tentarne l'emenda.
Si compiacia a tale oggetto Vostra Signoria Illustrissima di dare le opportune disposizioni, onde vi sia costui trattenuto sotto la debita disciplina e castigatezza, pregandola di cerziorarmi
[= informarmi] sui portamenti di detto recluso.

All'interno del Discolato, i reclusi privi di stabile occupazione, o che si volevano tenere impiegati per tutelare l'ordine pubblico, erano avviati a lavori di manifattura tessile. Nelle buste che contengono i fascicoli personali dei detenuti, ritroviamo in molti casi dei veri e propri libretti nominali, dove venivano annotate tutte le informazioni relative al singolo individuo e che fungevano anche da libretti di lavoro.
Nei libretti si registravano anche le note di demerito (con le conseguenti punizioni) in relazione alla condotta del detenuto nel corso del suo soggiorno. Nel libretto di Gaspare P. troviamo scritto, ad esempio:
1833, 16 aprile. Un giorno a pane ed acqua, per non aver recitato il Rosario in Chiesa colla dovuta devozione.
Tra le donne, oltre a quelli delle meretrici, sono ben attestati i casi di povere che chiedono di essere ammesse allo stabilimento, e in particolare alla sala di lavoro volontario, dove poter guadagnare qualcosa per il sostentamento della famiglia.
Una situazione invece veramente sui generis è quella di Teresa M., una donna sfortunata e che tuttavia seppe riscattarsi, ritagliandosi uno spazio di tutto rispetto nell'angusto ambiente del Discolato.
La sua storia comincia il 30 agosto 1828. Sul libretto di Teresa (b. 56 della serie Recluse) sono elencati i suoi effetti di vestiario al momento dell'ingresso nel Discolato, e ne sono registrati connotati, grazie ai quali possiamo farci un'idea del suo aspetto fisico:

Capelli castagni, Cilia castagne, Naso giusto
, Mento ovale, Statura giusta, Fronte alta, Occhi neri, Bocca regolare, Volto tondo, Carnagione bianca, Corporatura grossa

Con queste parole, la Polizia ne disponeva l'entrata in istituto:

                                                                                   Lì 30 agosto 1828
Illustrissimo Signore
La giovine Teresa M. orfana di genitori, fuggiasca per diverse volte dalla casa di una di lei zia, che l'aveva in cura, e datasi in preda alla vita errante, ed al libertinaggio, deve essere rinchiusa per disposizione dell'Eccellentissimo Signor Cardinal Legato in codesto Stabilimento, sino a che siasi ottenuta la di lei non equivoca emenda. La dirigo perciò sotto scorta a Vossignoria Illustrissima per l'effetto di tale misura; nell'atto che mi pregio di confermarmi con distinta considerazione di Vossignoria Illustrissima.
Per l'aggiunto di Polizia                                                           Obbedientissimo Servitore

Da qui apprendiamo che la donna, orfana, dopo essere più volte fuggita dalla casa di una parente, si diede al vagabondaggio e a una condotta di vita scostumata, il che ne giustificò la reclusione. Insieme a questo documento, ne troviamo un altro ugualmente interessante, se non di più: è il verbale dell'interrogatorio a cui Teresa fu sottoposta, il giorno 3 settembre, da parte dell'Ispettore di Polizia, al suo arrivo nei locali del Discolato.

Interrogata: - Chi siete, quant'anni avete, e che mestiere esercitate.
Risposta: - Mi chiamo M. Teresa, conto anni 18, ed esercito la professione di servente.
Interrogata: - Di che paese siete, e dove abitate.
Risposta: - Sono nativa di Bologna, ed abitante in via S. Andrea delle Scuole in casa della signora Teresa P.
Interrogata: - Chi sono li vostri genitori, qual'arte esercitano, e dove abitano.
Risposta: - Sono figlia delli furono Giuseppe e Rosa S.


L'Ispettore prosegue l'interrogatorio, e Teresa svela le circostanze del suo arresto: a chiamare la Polizia fu un prete di Castel Guelfo, a cui la ragazza aveva raccontato di essere nativa di Firenze e desiderosa di raggiungere i genitori ad Ancona. Dopo alcuni giorni di carcere e inutili viaggi per rintracciare i parenti, prima a Firenze, poi a Bologna, e poi ad Ancona, la sua vicenda si conclude con la reclusione:

Finalmente stanca di più girovagare confessai di essere nativa di Bologna, e che ero sola senza genitori, e che abitavo in Bologna; dopo ciò fui nuovamente tradotta a Bologna dove stetti alle Carceri di S. Giovanni
[in Monte] per tre mesi, e poscia essendomi ammalata fui tradotta nell'Ospitale della Carità, e poscia tradotta in questa Casa.

E alla domanda dell'Ispettore, che le chiede per quale motivo mentì sulla sua origine, risponde:

Per ingannare quel prete di Castel Guelfo, sperando mi facesse del bene.


Teresa ha dunque alle spalle una situazione difficile: orfana, scappa dalla casa dove era servente perché non vi si trova bene, e si dà al vagabondaggio e all'accattonaggio finché, quando cerca di ottenere con la menzogna qualche beneficio, viene arrestata e infine indirizzata al Discolato. Benché povera, non è però priva di una qualche istruzione: risponde affermativamente quando le si chiede se sa leggere e scrivere, e sottoscrive il verbale di interrogatorio.
Dal verbale abbiamo inoltre appreso che Teresa si ammalò durante il soggiorno nel carcere di San Giovanni in Monte: questo dato è confermato da alcune lettere - che si trovano nel suo fascicolo personale - con cui il Direttore del Discolato chiede alla Legazione il trasferimento della donna in un ospedale dove possa venire adeguatamente curata, anche perché la sua malattia reca disturbo alle altre recluse:

Questa disgraziata era, come lo è tutt'ora, affetta da malattie organiche divenute croniche, non che da spine ventose
[una forma di tubercolosi dello scheletro], infermità non curabili in questo Ospitale mancante di molti mezzi. Si propone perciò il traslocamento di essa donna da questo all'Ospitale di S. Orsola come quello appositamente eretto per malattie così innoltrate, e fornito per conseguenza di tutti quei sussidi dell'arte che contribuiscono se non alla loro totale guarigione, almeno allo scemamento di esse [...]. Si aggiunga a tutto ciò che il fetore esalato dalle piaghe dalle quali è afflitta l'infelice, e l'ingrato odore degli unguenti che per essa vengono adoperati rende così spiacevole l'atmosfera di questo Ospitale non molto vasto, che ne soffrano ancora le altre inferme, agravate da tutt'altra malattia, e bisognevoli di respirare un'aria più pura, e meno pesante. (13 aprile 1831)

La risposta delle autorità non si fa attendere: con lettera del 20 aprile 1831 è ammesso il trasferimento di Teresa, anche se all'Ospedale del Ricovero e non al S. Orsola. Evidentemente, però, l'ordine non fu eseguito prontamente, dal momento che - in una lettera al Direttore del Discolato datata 25 giugno 1832 - l'Ispettore di Polizia si fa latore della richiesta di trasferimento, definendola una supplica da parte della stessa Teresa.
In risposta, il Direttore della Casa si sente in dovere di riassumere l'intera vicenda della detenuta, stendendo una lettera - datata 13 agosto 1832 - che è di grande utilità per la nostra ricerca. Vi si trovano sintetizzate, infatti, le tappe della 'carriera' di Teresa nel Discolato: dopo l'ammissione il 30 agosto 1828, in poco più di due anni e mezzo di reclusione mostrò pentimento di fatto e disposizioni al benvivere, cosicché fu dimessa il 10 giugno 1831. Ma perché, allora, nel 1832 risulta ancora reclusa? Proseguiamo nella lettura.

Dopo essere uscita dal Discolato, il 10 giugno 1831, Teresa si trasferì presso la famiglia di Vincenzo B., infermiere dell'Ospedale carcerario; ma, qui,

s'accorse ben presto che quella era una casa da vivere in tutt'altro modo che quello dell'onestà e del buon costume, perché la sua morigeratezza non le procacciò che percosse: per la qualcosa allontanatasi di colà si prestò a questo stabilimento per esserci riammessa
.

Ciò avvenne il giorno 11 agosto 1831, e cioè dopo soli due mesi dalla sua dimissione.
Il problema della salute della donna continua ad essere pressante, anche perché il suo trasferimento all'Ospedale del Ricovero non è stato realizzato; tutto ciò si traduce in un aggravio economico per lo stabilimento, come il Direttore non manca di precisare:
Traslocandola ove s'è detto, a parere Medico, vi è molto a sperare per la sua guarigione, il che riuscirebbe di sgravio al Governo, e d'utile all'inferma, la quale potrebbe allora procacciarsi il pane colle proprie fatiche.
Ma ciò non avverrà mai: altri documenti - tra cui certificati medici - conservati nel fascicolo dimostrano che Teresa rimase al Discolato, e che qui continuò ad essere curata, non senza qualche miglioramento.
Una parte della sua storia da approfondire è inoltre quella che riguarda le circostanze della sua riammissione all'interno del Discolato: a partire dall'11 agosto 1831, infatti, la sua posizione non è più quella di una normale reclusa, ma di una «reclusa volontaria». La relazione dell'Ispettore politico al Direttore della casa è il documento più eloquente: spiega la squallida situazione in cui si trovò Teresa nella casa di Vincenzo B., dove fu maltrattata e lasciata senza cibo, ma soprattutto dà l'idea della fermezza con cui la donna chiese di essere riammessa al Discolato, desiderando piuttosto di essere in luogo di custodia, che fare male di sua vita.
Non hanno valso qualunque ragionamento per persuaderla [...]. Tutto è stato inutile e si è mostrata ferma nella massima di volere essere posta in questa Casa, dichiarando che le di lei circostanze richiedevano di non più avvicinarsi a chi la teneva in cura, rapresentando altresì di non sapere ove ricoverarsi la prossima notte. Vista la di lei fermezza, conoscendo che il suo fisico era alterato [...] ed altresì essendo inconveniente che questa infelice giovane rimanesse in una strada, per incontrar facilmente maggiori danni al suo fisico ed al Morale [mi sono convinto ad accogliere la sua domanda].
Teresa si ritrova così nel Discolato senza dover scontare alcuna mancanza, ma in uno stato di semplice custodia. Il suo caso non era forse l'unico, se il Consiglio provinciale - rilevando lo scarso contributo del Governo al mantenimento dei detenuti - così descrive la situazione della Casa in una relazione allegata ai verbali del suo primo anno di attività, proprio il 1832 (Atti del Consiglio provinciale, vol. 1):
È dunque a sapersi che il Locale del Discolato presenta ora una stranissima raccolta d'Individui d'ogni età, sesso, condizione, moralità [...] per lontanissime, e disperate cause, anche di sola beneficenza, e per semplice ripiego in esso collocati, e l'un coll'altro comunicanti, e quasi confusi.

Teresa, se da un lato è una 'privilegiata', dall'altro si ritrova ingabbiata nei rigidi regolamenti della struttura. Le sue condizioni di salute sono sempre precarie, e così - sostenuta dal medico dello stabilimento, che la mantiene in cura - nell'autunno del 1831 la donna si trova costretta a presentare un reclamo sulla quantità di cibo ricevuta. Tre anni dopo, ecco un'altra lettera, con cui Teresa avanza una richiesta che a noi pare del tutto condivisibile:
La sottoscritta volontaria reclusa [...] fa rispettosa rappresentanza, che lo stato attuale di sua salute trovasi alquanto alterato forse causato dalla mancanza di moto, e di respirazione di aria diversa da quella, che quotidianamente riceve, per cui implora dalla Signoria Vostra Illustrissima di volersi interporre, onde ottenere di potere sortire qualche volta dallo Stabilimento, in compagnia della Guardiana, la quale di buon grado si presterà a tale oggetto.

Il beneficio è accordato, ma si fa presente che si tratta di un'eccezione: con questo non si intende minimamente alterato il regolamento disciplinare del Luogo; il regolamento - quello conservato presso l'Archivio di Bologna, citato all'inizio di questa sezione - stabiliva infatti, all'art. 10:
Cessa per chiunque entra nel Discolato qualunque relazione colle persone fuori del medesimo, e come al Detenuto non potrà mai essere permesso l'uscita dallo Stabilimento, anche momentaneamente, durante la sua reclusione, del pari resta rigorosamente vietato, tanto ai parenti, quanto a qualunque altra persona, sotto qualsiasi motivo o pretesto, per quanto grave possa essere, di vedere, parlare, ed in qualunque altro modo comunicare col detenuto.
Nella sua supplica, la donna si firma definendosi una devota serva, e non manca di esprimere riconoscenza per il trattamento riservatole in questi anni nella Casa; apprendiamo così che le era stato affidato l'onorevole incarico per l'istruzione religiosa e morale, e pel leggere e scrivere delle recluse. Dal verbale di interrogatorio, avevamo appreso, del resto, che si trattava di una donna istruita.
La nostra Teresa, dunque, riesce ad ottenere un lavoro all'interno del Discolato. Ma, tornando al suo fascicolo, leggiamo un'annotazione interessante nella seconda pagina della copertina:

Vedi nella posizione della Maria S. Vice Guardiana la lettera N. 1141 del 20 luglio 1837 con la quale viene notificato alla Superiorità che essa  Maria S. è inferma e che a sostituirla si prevale dell'opera della volontaria reclusa Teresa M. Vedi n. 1503 nella Posizione Maria S., dal quale ne viene l'ordine del giorno che notifica al Custode che la Teresa M. fino dal giorno 13 luglio 1837 fu destinata a disimpegnare le funzioni di Vice Guardiana e che nella detta qualità proseguirà fino a nuovo ordine.


Questa annotazione rimanda a una serie di documenti del 1837, che riguardano una certa Maria S., vice Guardiana: era infatti prevista l'esistenza, all'interno dell'istituto, di personale che vegliasse sull'ordine dei detenuti e sul regolare svolgimento del lavoro.

Spostiamoci dunque nella serie «Carteggio e atti classificati», al titolo 5, interamente dedicata alla Casa di correzione nei suoi rapporti con l'Amministrazione provinciale. Qui rinveniamo un fascicolo, così intitolato:

S. Maria.
Vice Guardiana del Discolato

---
Sua morte = nomina della reclusa Teresa M. a rimpiazarla

Dalle carte contenute nel fascicolo, ricaviamo che la viceguardiana fu colpita da tumore, e sopravvisse di poco all'operazione; Teresa, che la sostituì durante la degenza, fece istanza alla Provincia per ottenere stabilmente l'incarico. La lettera del Cappellano della Casa le valse come referenza:
La Teresa M. è Donna di ottimi, e morigerati costumi, la quale l'ho potuta conoscere perfettamente nel corso di sei, e più anni, che si ritrova in questa Casa [...]. In tal tempo ha sempre dati segni non equivoci di buona morale cristiana, e Politica, e col suo buon portamento è sempre stata di edificazione, e buon esempio a chiunque, e per fino è stata sempre lodata dalli Signori componenti la Congregazione di Carità, i quali hanno avuto occasione di conoscerla in occasione della loro visita mensile fatta a questa casa, di modo tale che nella circostanza che sieno state poste in questo locale delle Recluse molto ignoranti, io non ho avuto difficoltà d'incombenzare lei a istruire le medesime nelle cose più importanti della Religione [...]. Quindi a mio subordinato parere merita essa tutta la predilezione, e considerazione del Governo.
Teresa diventa così una dipendente della Casa che l'aveva accolta prima perché emendasse le sue pene, e poi perché vi trovasse rifugio in assenza di mezzi. Seppe dimostrare un sincero pentimento, e mettere a frutto le proprie conoscenze per il bene di quella piccola comunità.

L'ultima sua traccia la troviamo nel fascicolo nominale, questa volta nella serie «Guardiane»: è la concessione di un permesso di assentarsi per tre mesi, colla condizione però di restituirsi immediatamente alle sue funzioni ove occorresse pel Discolato, e porta la data del 28 luglio 1849. Sono passati più di vent'anni dal giorno in cui Teresa entrò per la prima volta al Discolato.