L'istruzione dei bambini "deficienti"

L'Associazione emiliana per la protezione dei fanciulli deficienti nacque nel 1899, sul modello dell'omonima Lega nazionale (voluta, tra gli altri, da Maria Montessori), e tuttavia da questa totalmente autonoma. Costituito grazie all'interessamento e alla volontà del Deputato provinciale Cesare Sanguinetti, ebbe sede nei locali della residenza provinciale. Del Comitato promotore facevano parte, insieme a numerose personalità di spicco in campo medico e accademico, di Bologna e di altre province emiliane, anche Augusto Tamburini, direttore del Manicomio di Reggio Emilia, Raffaele Brugia, direttore del Manicomio di Imola, Luigi Rava, presidente del Consiglio provinciale di Ravenna, Francesco Roncati, direttore del Manicomio di Bologna e Alfredo Romagnoli, segretario dell'Amministrazione provinciale di Bologna. L'Associazione sorgeva dalla constatazione che qualcosa si poteva, e si doveva fare, per i piccoli malati, come leggiamo nel frontespizio della scheda utilizzata per pubblicizzare l'ente e per raccogliere le adesioni (b. 1, fasc. 1. Costituzione della Associazione Emiliana per la protezione dei fanciulli deficienti, all. al nr. prot. 22):

La degenerazione dell'adulto purtroppo è irreparabile; le sue varie forme, vagabondaggio, criminalità, prostituzione, pazzia, costituiscono un corteo di miseria che può deplorarsi, ma non si cura, una gangrena ormai troppo profonda per esser recisa: si comprende perciò quanto sia umano il tentativo di togliere ai fanciulli deficienti, a questi piccoli candidati del tralignamento, quei gravi difetti che lasciati a sé divengon vizi, quelle imperfezioni che non emendate divengon gravi difetti, di utilizzare quanto di personalità psichica è in loro rimasto, di render men triste il loro avvenire.

Come ricaviamo dallo statuto, lo scopo dell'Associazione (presumibilmente sciolta nel 1905, o poco dopo) era di promuovere la creazione di istituti per i bambini frenastenici, sulle basi scientifiche del metodo medico-pedagogico, che affiancava alla scolarizzazione tradizionale una speciale assistenza medica.
L'Associazione emiliana realizzò un istituto di questo genere a San Giovanni in Persiceto, a poca distanza da Bologna e da Modena, in amena località di campagna, come si legge nel prospetto informativo della struttura e come possiamo constatare dalla fotografia dello stabile riprodotta sulla sua copertina.
L'istituto risulta fornito di Scuole speciali, Officine e Laboratorii d'arti e mestieri, impianto agricolo, Palestra ginnastica, apparecchi di Ginnastica medica ed Ortopedia, Sezione idroterapica, Gabinetti di Massoterapia ed Elettroterapia, oltrecché di tutti i mezzi necessari per l'esame antropologico, psichico e clinico (b. 2, fasc. 1).
Un passo fondamentale compiuto dall'Associazione consistette dunque nel riconoscimento della peculiarità di questi malati, e in particolare della necessità, per loro, di un'istruzione adeguata, se pur differentemente concepita rispetto a quella riservata agli allievi delle scuole dell'epoca. Così riferisce infatti, nella sua nota (in "Relazione e proposte dei Commissari Mingarelli Cav. Aristide e Tavernari Cav. Carlo in ordine all'andamento amministrativo dell'Istituto medico-pedagogico di Bertalia", Minerbio 1905, all. C, documento conservato in una busta dell'Ufficio tecnico, datata al 1906), il Prof. G.C. Ferrari, medico direttore dell'Istituto, che al volgere del nuovo secolo fu trasferito a Bertalia, allora frazione di Bologna:

La maggior parte dei deficienti può, mediante i mezzi e metodi opportuni, venire educata e istruita; e ciò con una facilità, che deve sorprendere chi non abbia sufficiente conoscenza di questi ammalati.

Come esempio pratico valga il seguente: in meno di due anni [...] io ho potuto, mercé l'intelligenza e l'abnegazione di due maestri sopratutto, presentare agli esami della seconda e della terza classe elementare delle Scuole comunali di Bologna una sessantina di fanciulli, entrati qui quasi tutti analfabeti, e che hanno ottenuto tutti bellissime votazioni.

Possiamo realmente avere un'idea dei risultati raggiunti in questo tipo di scuola, perché nella busta 2 del fondo «Associazione emiliana per la protezione dei fanciulli deficienti» si sono conservati alcuni registri, che testimoniano del rendimento dei vari alunni, registrandone al contempo la condotta e lo stato di salute
Come si evince dal registro qui riprodotto, erano ospiti dell'Istituto bambini realmente affetti da patologie psichiche, ma anche altri, che si è soliti definire 'caratteriali', e infine quelli che noi oggi chiameremmo 'alunni svogliati' (come il secondo e il quarto dei casi annotati nel registro): come possiamo verificare nello statuto dell'Associazione, all'art. 2, vi erano infatti ammessi sia i fanciulli in condizioni psichiche basse (idioti intellettuali e morali, epilettici), sia i deficienti meno bassi (imbecilli intellettuali e morali), sia i bambini con capacità mentali non molto inferiori alla normale (squilibrati, pigri, indisciplinati). Vi entravano, di norma, fanciulli di età compresa tra i 5 e i 15 anni.
La loro alfabetizzazione, tuttavia, veniva deliberatamente interrotta sulla soglia della terza classe, ed era dato invece maggior rilievo alla formazione di carattere professionale:

Per questi disgraziati, infatti, l'istruzione elementare deve rappresentare più che altro un mezzo di raccomandazione nella società; mentre essa è incomparabile sussidio clinico per chi li guida. L'insegnamento che si deve loro fornire, invece, perché vi progrediranno più sicuramente ed in modo più utile, è quello del lavoro manuale, il quale soltanto presenta un valore educativo positivo, e pratico dal punto di vista sociale.

Alla base di questo tipo di educazione ci sono i lavori 'agricoli' e quelli 'industriali': i primi prevedono le occupazioni del contadino, dell'ortolano e del giardiniere; i secondi la produzione delle catene di ferro, dei grossolani balocchi da fiera, dei giuochi d'infanzia, i cordoni, le reti, le stuoie, i cappelli di paglia, le scope, le spazzole, le sporte per gli uomini, la lavorazione della canepa, filare, tessere, far le calze, rammendare, cucire, oltre a mille piccole industrie, come quella di fare le scarpe di cimosa e colle suole di corda per le donne. Abbiamo visto sopra come, per realizzare lavori di questo genere, gli Istituti fossero dotati di strutture adeguate, come le officine.
Apprendendo un mestiere, questi giovani, divenuti adulti, avevano la possibilità di emanciparsi:

Senza tener conto dei pochi inabili, gli altri si possono dividere in due grandi categorie: di coloro che saranno sempre più o meno a carico della società (negli Istituti di questo genere, nei Manicomi o nei Ricoveri di mendicità) e di coloro che, quando siano allenati a lavorare, potranno presto o tardi andare nella vita libera.