Esercizi commerciali in sede fissa (Esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita)

Esercizi commerciali in sede fissa

Gli esercizi commerciali si distinguono in differenti categorie e tipologie:

  • Esercizio di vicinato: esercizio commerciale in cui si effettua la vendita direttamente al consumatore finale, con una superficie di vendita non superiore a 150 mq nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq nei Comuni con oltre 10.000 abitanti;
  • Media struttura di vendita al dettaglio: esercizio commerciale in cui si effettua la vendita direttamente al consumatore finale con una superficie di vendita compresa tra i 151 ed i 1500 mq nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e tra i 251 ed i 2500 mq nei Comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti;
  • Grande struttura di vendita al dettaglio: esercizio commerciale in cui si effettua la vendita direttamente al consumatore finale con una superficie di vendita superiore ai 1500 mq nei comuni con 10.000 abitanti ed ai 2500 mq nei Comuni con oltre 10.000 abitanti.

Rilevante è anche la tipologia del centro commerciale: medie o grandi strutture di vendita nelle quali più esercizi commerciali inserite in una struttura a destinazione specifica con infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Possono comprendere anche pubblici esercizi e attività paracommerciali (quali servizi bancari, servizi alla persona, ecc.). Ai fini dell’individuazione delle norme sulle procedure autorizzative e delle prescrizioni e requisiti urbanistici, deve essere considerata unica l’aggregazione di più esercizi commerciali anche se collocati in unità edilizie distinte, purché situate in un lotto unitario e dotate di collegamenti funzionali ed, in ogni caso, quando gli esercizi siano collocati in unità edilizie fisicamente accostate.

Per superficie di vendita di un centro commerciale s’intende la risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti. Per quanto riguarda le procedure autorizzative, i centri commerciali sono equiparati ai singoli esercizi, ma la loro superficie di vendita è quella complessiva;

Ai fini della esatta individuazione della tipologia di esercizio commerciale e della modalità autorizzatoria da applicare è necessario far riferimento ad alcuni elementi:

  • Popolazione residente: per popolazione residente si intende quella risultante dal dato anagrafico riferito al 31 dicembre dell’anno precedente;
  • Superficie di vendita: l’area o le aree destinate alla vendita, comprese quelle occupate da banchi, scaffalature, vetrine e quelle dei locali frequentabili dai clienti, adibiti all’esposizione delle merci e collegati direttamente all’esercizio di vendita. Non costituisce, invece, superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, lavorazioni, uffici, servizi igienici, impianti tecnici ed altri servizi nei quali non è previsto l’accesso dei clienti, nonché gli spazi di avancassa, purché non adibiti all’esposizione di merci. (punto 1.6, Delibera Consiglio regionale n. 1253/1999);
  • Categoria merceologica: l’attività commerciale può essere esercitata con riferimento a 2 settori, alimentare e non alimentare;
  • Destinatari finali l’attività commerciale: vendita all’ingrosso o al dettaglio; in particolare, con riferimento ai settori merceologici, è necessario tenere in considerazione alcune prescrizioni specifiche a proposito di determinate attività commerciali: agli esercizi di vendita di prodotti rientranti nelle tabelle speciali, quali le farmacie, le rivendite di generi di monopolio, gli impianti di distribuzione automatica di carburante, non si applica il D.Lgs. n. 114/1998; per le attività di vendita di piante, parti di piante, sementi, bulbi e rizomi, esclusi i fiori recisi e la vendita di preziosi, di cose antiche e di cose usate, esclusa la vendita di oggetti d’arte e opere dell’ingegno effettuata direttamente dall’artista che le ha realizzate, dovrà essere presentata, oltre alla richiesta di autorizzazione per la struttura commerciale di vendita, anche apposita istanza prevista dalle specifiche normative di settore. Negli esercizi commerciali si possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della Salute, alla Regione e al Comune in cui ha sede l’esercizio. La vendita di tali prodotti è consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio e deve essere effettuata nell’ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci. Inoltre, ciascun distributore al dettaglio può determinare liberamente lo sconto sul prezzo indicato dal produttore o dal distributore sulla confezione del farmaco, purché lo sconto sia esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e sia praticato a tutti gli acquirenti. Il Ministero della Salute ha emanato in data 3 ottobre 2006 la circolare n. 3 che fornisce indicazioni in merito ai prodotti vendibili, alla segnalazione certificata di inizio attività da presentare, al reparto, all’insegna, alla pubblicità, alle modalità di vendita.

Con riferimento alla distinzione tra commercio all’ingrosso e commercio al dettaglio, è necessario tenere in considerazione alcune prescrizioni. Innanzitutto, è vietato esercitare congiuntamente nello stesso punto di vendita le attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio. Il divieto non si applica (come stabilito dalla L.R. n. 6/2007 che introduce l’art. 19-bis nella L.R. n. 14 del 1999)1 per la vendita dei seguenti prodotti:
a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato;
b) materiale elettrico;
c) colori e vernici, carte da parati;
d) ferramenta ed utensileria;
e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici;
f) articoli per riscaldamento;
g) strumenti scientifici e di misura;
h) macchine per ufficio;
i) auto-moto-cicli e relativi accessori e parti di ricambio;
j) combustibili;
k) materiali per l’edilizia;
l) legnami;


Con deliberazione del Consiglio regionale n.155 del 2008 sono state definite le modalità di esercizio nel medesimo punto di vendita del commercio all’ingrosso e al dettaglio. In particolare, è stato stabilito che la superficie di vendita al dettaglio è computata nella misura di almeno il 50% della superficie lorda complessivamente utilizzata per la vendita all’ingrosso e al dettaglio quando questa non sia superiore a 3.000 mq, nei Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti, e a 5.000 mq nei restanti Comuni. La parte di superficie eccedente le succitate dimensioni viene considerata:

  • esclusivamente come superficie per la vendita al dettaglio. Anche in questo caso, è obbligatoria la sottoscrizione di un atto d’impegno d’obbligo da parte dell’operatore con cui il medesimo si impegna a non introdurre e vendere merci diverse da quelle tassativamente indicate o a comunicare preventivamente al Comune competente per territorio qualsiasi variazione intenda apportare alle merceologie commercializzate. Non si applicano le disposizioni contenute nella deliberazione del Consiglio regionale n. 344 del 2002 in materia di vendita di merci ingombranti. La Regione Emilia-Romagna ha inoltre ulteriormente arricchito il regime giuridico di riferimento. Con la deliberazione n. 1253 del 1999, sono state definite nel dettaglio altre tipologie di esercizi commerciali. In particolare, tale regolazione ha interessato le medie e le grandi strutture di vendita e le varie tipologie di aggregazioni commerciali.

Il Consiglio della Regione Emilia-Romagna, al punto 1.4, della deliberazione n. 1253/1999 ha previsto che i Comuni, ai fini dell’adeguamento dei propri strumenti urbanistici generali ed attuativi, articolino le norme relative alle medie e alle grandi superfici di vendita in relazione ai due settori merceologici alimentare e non alimentare ed alle seguenti ulteriori specificazioni in classi dimensionali:

 

Tipologie di medie strutture di vendita:

  • Medio-piccole strutture di vendita intese come esercizi e centri commerciali aventi superficie di vendita superiore a quella degli esercizi di vicinato (150 mq nei Comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti o 250 mq nei Comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti) e fino a 800 mq nei Comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti o 1500 mq nei Comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti;
  • Medio-grandi strutture di vendita intese come esercizi e i centri commerciali aventi superficie di vendita superiore a 800 mq fino a 1500 mq nei Comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti, e gli esercizi e i centri commerciali aventi superficie di vendita superiore a 1500 mq fino a 2500 mq nei Comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti;

Tipologie di grandi strutture di vendita:

  • Grandi strutture di vendita: gli esercizi e centri commerciali aventi superficie di vendita superiore ai 2500 mq;
  • Grandi strutture di vendita di livello superiore: le grandi strutture di vendita alimentari di almeno 4.500 mq di superficie di vendita e le grandi strutture non alimentari di almeno 10.000 mq di superficie di vendita;

Tipologie di aggregazioni commerciali:

  • Complessi commerciali di vicinato o gallerie commerciali di vicinato: aggregazioni di esercizi di vendita, nell’ambito di una o più unità edilizie esistenti destinate anche ad altre funzioni non commerciali, costituite da più esercizi di vicinato, eventualmente con la presenza anche di medio-piccole strutture di vendita, e da esercizi paracommerciali e ricreativi con accessi separati ancorché collocati in contenitori contigui e caratterizzati da attrattività unitaria per gli utenti. La realizzazione di tali complessi commerciali di vicinato o gallerie commerciali di vicinato è ammessa solo nell’ambito di interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente con opere di manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, anche nell’ambito di piani di recupero e di programmi di riqualificazione. Per tali ”complessi” o “gallerie” non trova applicazione la disciplina dei centri commerciali se realizzati all’interno della zona A come individuata dai Piani Regolatori Generali. Per gli stessi non si considera quindi la superficie di vendita complessiva; pertanto, sia le procedure autorizzative, sia le prescrizioni e i requisiti urbanistici di cui ai punti successivi si applicano con riferimento ai singoli esercizi. Nel caso di “complessi” e di “gallerie” aventi le caratteristiche di cui sopra, realizzati in unità edilizie esistenti, al di fuori della zona A, purché non si superi la superficie di vendita complessiva di 3.500 mq viene considerata la superficie di vendita complessiva ai soli fini dell’applicazione delle norme specifiche sugli standard urbanistici e sulle dotazioni di parcheggi pertinenziali e di aree per il carico e scarico merci di cui ai punti 5.1 e 5.2 dei criteri di pianificazione, deliberazione del Consiglio regionale n. 1253 e successive modifiche;
  • Centri commerciali: a) Centri commerciali di vicinato: quelli nei quali gli esercizi, considerati singolarmente, rientrano nella dimensione degli esercizi di vicinato, salvo l’eventuale presenza di una medio-piccola struttura; b) Centri commerciali d’attrazione di livello inferiore: centri commerciali comprensivi di medie e/o grandi strutture le cui superfici risultano complessivamente inferiori ai limiti di 4.500 mq di superficie di vendita per strutture alimentari e di 10.000 mq di superficie di vendita per strutture non alimentari e comunque con una superficie territoriale non superiore a 5 ettari; c) Centri commerciali d’attrazione di livello superiore: centri commerciali comprensivi di grandi strutture alimentari di livello superiore (di cui al punto 1.3 lett. c dei criteri di pianificazione), e comunque di medie o grandi strutture alimentari le cui superfici di vendita complessivamente superano i 4.500 mq o di grandi strutture non alimentari di livello superiore (di cui al punto 1.3 lett. c dei criteri di pianificazione), e comunque di medie o grandi strutture non alimentari le cui superfici di vendita superino complessivamente i 10.000 mq.;
  • Area commerciale integrata: area di almeno 2 ettari di superficie territoriale, prevalentemente dedicata al commercio, all’interno della quale esiste o venga progettata una pluralità di edifici per strutture commerciali, per attività paracommerciali, per attività ricreative, ed altri servizi complementari. L’area commerciale integrata comprende più strutture commerciali di medie e/o grandi dimensioni in conformità alla pianificazione comunale e provinciale per tali strutture, configurabile come complesso organico quanto a fruibilità per gli utenti e dotata di servizi esterni comuni (parcheggi, percorsi pedonali, parchi gioco per ragazzi e simili), ma costituita da più unità edilizie autonome realizzate o da realizzarsi anche in tempi diversi. Poiché la realizzazione anche se per parti, deve avvenire nell’ambito di un piano urbanistico unitario (Piano Attuativo), la superficie di vendita complessiva delle medie e grandi strutture di vendita deve essere prevista nel progetto urbanistico e costituisce riferimento ai fini dell’applicazione delle norme specifiche sugli standard urbanistici e sulle dotazioni di parcheggi pertinenziali e di aree per il carico e scarico merci di cui ai punti 5.1 e 5.2 dei criteri di pianificazione. L’area commerciale integrata deve, inoltre, risultare complessivamente dotata di una efficace accessibilità in conformità a quanto disposto dal punto 5.3 dei criteri di pianificazione. Le procedure autorizzative saranno, invece, riferite agli interventi realizzativi delle singole unità edilizie. Deve essere considerata comunque unitariamente e quindi grande struttura di vendita, l’aggregazione di più esercizi commerciali che superi i limiti dei 2.500 mq collocati in unità edilizie fisicamente accostate;
  • Area commerciale integrata di livello superiore: area commerciale che comprenda più strutture, di cui almeno una di livello superiore alimentare o non alimentare, e comunque qualora superi la superficie territoriale di 5 ettari. Tali aree (definite anche poli funzionali) sono sottoposte alle procedure di programmazione e di intervento individuate nella normativa regionale in materia di pianificazione territoriale e di programmazione urbanistica. Si tenga in considerazione che nell’ambito delle norme tecniche di attuazione della variante al PTCP in materia di insediamenti commerciali, denominata “Piano operativo degli Insediamenti Commerciali”, è stata messa a punto una classificazione delle tipologie commerciali a cui dovranno fare riferimento i Comuni nell’ambito delle loro competenze programmatorie, una volta conclusasi la fase di adozione della variante, prevista entro febbraio del 2009. Tale classificazione recepisce la classificazione degli insediamenti commerciali stabilita dalle normative regionali (Delibera Regione Emilia-Romagna 1253/1999) di cui sopra, specifica ulteriori tipologie di insediamenti commerciali ai sensi delle normative vigenti, definendo quali caratteristiche dimensionali e requisiti devono essere soddisfatti perché tale competenza possa essere delegata a livelli di pianificazione comunale o sovracomunale, in relazione all’effettivo livello di attrazione territoriale di tali insediamenti;
 

1Particolarità:
a. Nel caso di esercizi che vendono prodotti alimentari e non alimentari, si applicano le norme riferite agli esercizi del settore alimentare, salvo che la superficie di vendita utilizzata per gli alimentari sia inferiore al 3% di quella complessiva; tale percentuale è fissata in analogia con quanto previsto dalla delibera regionale n. 1253/1999, punto 1.4, ai fini dell’applicazione degli standard urbanistici. In quest’ultimo caso è necessario il possesso del requisito professionale per l’esercizio dell’attività alimentare, ma l’autorizzazione sarà rilasciata per il solo settore non alimentare;
b. Nel caso di una media struttura di vendita configurata come centro commerciale la percentuale del 3% si applica a ciascun esercizio facente parte del medesimo centro;
c. la superficie di vendita degli esercizi commerciali che hanno ad oggetto esclusivamente la vendita di merci ingombranti non immediatamente amovibili e a consegna differita (concessionarie auto e relativi accessori, rivendite di legnami, di materiali per l’edilizia e di mobili) è computata nella misura di 1/10 della superficie di vendita quando questa non sia superiore a 1500 mq. (nei Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti) e a 2500 mq. (nei restanti Comuni). Per superfici eccedenti le succitate dimensioni la superficie di vendita è computata nella misura di 1/10 fino ai predetti limiti e di ¼ per la parte eccedente. È obbligatoria la sottoscrizione di un atto d’impegno d’obbligo tra Comune e operatore commerciale, da allegare alla istanza di autorizzazione per la struttura di vendita. Con il suddetto atto l’operatore si impegna a non introdurre e/o vendere merci diverse da quelle sopra tassativamente indicate e a comunicare preventivamente al Comune competente per territorio qualsiasi variazione intenda apportare alle merceologie commercializzate.

 
Requisiti

Requisiti soggettivi

  • Essere proprietario o avere ad altro titolo la disponibilità del locale oggetto dell’intervento;
  • Essere iscritto al Registro delle Imprese tenuto dalla Camera di Commercio;
  • Essere in possesso dei requisiti morali previsti dall’art. 71, comma 1, del D.Lgs. 59/2010 enel caso di commercio alimentare, essere in possesso dei requisiti professionali previsti dall’art. 71, comma 6, del D.Lgs. 59/2010;

Requisiti oggettivi

  • I locali devono avere i requisiti previsti dal Regolamento comunale edilizio e dal Regolamento comunale d’Igiene, Sanità Pubblica e Veterinaria, dal Regolamento CE n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari e il Regolamento CE n. 853/2004 sull’igiene dei prodotti di origine animale nel caso di vendita di prodotti del settore alimentare;
 
 

(2) Cioè: a) che sia attuata la concentrazione o l’accorpamento di almeno quattro esercizi rientranti nei limiti dimensionali degli esercizi di vicinato; b) che gli esercizi accorpati o concentrati siano stati autorizzati ai sensi dell’art. 24 della L.426/71 per la vendita dei generi di largo e generale consumo; c) che il richiedente si impegni al reimpiego del personale occupato, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, negli esercizi oggetto di concentrazione o accorpamento; d) che la superficie di vendita del nuovo esercizio non superi la somma dei limiti massimi indicati alla lettera d), comma 1, art. 4 del D.Lgs. 114/1998, tenuto conto del numero degli esercizi oggetto dell’accorpamento o della concentrazione.
(3) Cioè: a) in aree già assoggettate ad un piano urbanistico attuativo; b) previa approvazione di un piano urbanistico attuativo, anche al fine di prevedere nella convenzione gli impegni relativi alle opere di mitigazione ambientale e/o di miglioramento dell’accessibilità, ritenute necessarie; c) in localizzazioni nell’ambito di aree urbane oggetto di Progetti di Valorizzazione Commerciale approvati ai sensi dell’art. 8 della L.R. 5 luglio 1999, n.14.

 
Oneri

Non previsti, fatta salva la diversa regolamentazione comunale, che potrebbe prevedere oneri istruttori.

 
 
Controlli

I controlli sulle attività sono svolti dalla Polizia locale.

 
 
Tutela giuridizionale

 AZIONE DI ANNULLAMENTO di un PROVVEDIMENTO ESPRESSO


L'azione di annullamento consiste nell'impugnazione di un provvedimento amministrativo (es. una autorizzazione) innanzi al giudice amministrativo (ossia, il TAR competente) al fine di ottenerne l'annullamento. Il termine per proporre l'azione di annullamento è, a pena di decadenza, di 60 giorni. Questo termine decadenziale decorre:

 

  • dalla notificazione, o comunicazione o piena conoscenza dell'atto;
  • per gli atti per i quali non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine per la pubblicazione (se prevista dalla legge o in base alla legge).

 

AZIONE DI ANNULLAMENTO avverso il SILENZIO-ASSENSO


L'azione di annullamento si presenta, sostanzialmente invariata, anche nel caso in cui sia contestato non un provvedimento espresso, bensì il silenzio-assenso della PA: difatti, gli effetti del silenzio-assenso, assimilabili a quelli di un provvedimento che accoglie l'istanza del privato, possono illegittimamente pregiudicare gli interessi di terzi. Il silenzio-assenso, come eccezione alla regola del provvedimento espresso, si viene a formare solo nei casi in cui vi sia una norma che lo prevede espressamente: in questi casi tassativi, l'inerzia della PA, protrattasi oltre al termine di conclusione del procedimento, si risolve nell'accoglimento dell'istanza del privato. Il termine, dunque, per proporre un'azione di annullamento avverso il silenzio-assenso di una PA è sempre di 60 giorni.

 

AZIONE avverso il SILENZIO INADEMPIMENTO


Il silenzio inadempimento è la situazione che si verifica quando un'amministrazione, nel termine individuato dalla legge, non abbia assunto alcun provvedimento e sia rimasta inerte.
L'azione avverso il silenzio inadempimento della PA può essere proposta, innanzi al TAR, finchè l'amministrazione omette di provvedere, e comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine indicato dalla legge per la conclusione del procedimento. Il giudice, se accoglie il ricorso, ordina alla PA di provvedere entro un termine congruo, normalmente non superiore ai 30 giorni.
L'ordine di provvedere che il giudice impartisce alla PA una volta accolto il ricorso avverso il silenzio inadempimento, può essere di due tipi:

 

  • generico, nel caso in cui la PA, in quel procedimento, conservi comunque un coefficiente di discrezionalità nella scelta se adottare un provvedimento positivo o negativo;
  • specifico, nel caso in cui la PA, per quel procedimento, non abbia alcuna discrezionalità, ma si tratti di attività vincolata (es. il rilascio del permesso di costruire).

 

SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA'

(Le riflessioni svolte in materia di SCIA valgono anche in riferimento alla dichiarazione di inizio attività (DIA); tuttavia, quest'ultimo istituto è stato, nel tempo, ridotto a un numero sempre più limitato di procedimenti al fine di giungere ad un suo totale superamento).


La SCIA permette al privato di iniziare l'attività al momento della segnalazione e la pubblica amministrazione competente ha un termine di 60 giorni (30 in materia edilizia) per verificare che l'attività segnalata sia conforme alla normativa vigente. A norma del co. 6-ter dell'art. 19 della L. 241/1990 sul procedimento amministrativo, la SCIA non equivale a un provvedimento tacito, ma si configura come una mera dichiarazione di scienza del privato alla pubblica amministrazione in merito all'inizio di una attività. Questo punto è importante per la tutela del terzo, poichè il terzo, pregiudicato dall'attività segnalata potrà scegliere fra due opzioni:

 

  • potrà sollecitare la PA competente a esercitare i propri poteri di controllo e, quindi, di inibizione di una attività che, a detta del terzo, sarebbe contraria alla normativa vigente. Qualora la PA rimanga inerte a fronte delle sollecitazioni del terzo, questi potrà esperire l'azione avverso il silenzio inadempimento della PA che, se accolta, comporterà una condanna della PA a provvedere;
  • in alternativa, potrà, entro il termine previsto per l'attività di controllo della PA (60 o 30 giorni), esperire innanzi al TAR l'azione di accertamento, finalizzata a far dichiarare dal giudice l'insussistenza dei presupposti per i quali la SCIA è stata presentata e costringere la PA ad esercitare i propri poteri inibitori.
 
 
Normativa

Per reperire la normativa relativa si può consultare il sito "Normattiva".

  • D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 - Riforma della disciplina relativa al settore del commercio a norma dell’articolo 4 comma 4 della L. 15 marzo 1997, n. 59;
  • D.Lgs 26 marzo 2010, n. 59 – Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno;
  • L.R. 5 luglio 1999, n. 14 - Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114;
  • Delibera Consiglio regionale 23 settembre 1999, n. 1253 come modificata dalla delibera Consiglio regionale 26 marzo 2002, n. 344 e 10 febbraio 2005, n. 653 - Criteri di pianificazione territoriale ed urbanistica riferiti alle attività commerciali in sede fissa in applicazione dell’art. 4 della L.R. 5 luglio 1999, n. 14;
  • Delibera Consiglio regionale 29 febbraio 2000, n. 1410 - Criteri e condizioni per regolare gli obiettivi di presenza e sviluppo delle grandi strutture di vendita, in attuazione dell’art.3, comma 2, lett. b) della L.R. 5 luglio 1999, n. 1;
  • Delibera Giunta regionale 10 ottobre 2000, n. 1705 come modificata dalla delibera Giunta regionale 24 marzo 2003, n. 480 e 19 dicembre 2005, n. 2198 - Definizione sulla scorta di quanto recato dall’art.11 L.R. 5 luglio 1999, n. 14, del contenuto degli allegati necessari ai fini della valutazione delle domande per grandi strutture di vendita;
  • D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 – Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale;
  • L.R. 21 maggio 2007, n. 6 - Disposizioni in materia di distribuzione commerciale delibera Giunta regionale 27 dicembre 2007, n. 2164 - Attuazione delle disposizioni contenute nella L.R. 21 maggio 2007, n. 6 in materia di orari;
  • Delibera Consiglio regionale 13 febbraio 2008, n. 155 – Definizione delle modalità di esercizio nel medesimo punto di vendita del commercio all’ingrosso e al dettaglio;
  • Regolamento comunale in materia di commercio;
  • Regolamento comunale di Polizia locale;
  • Regolamento comunale d’Igiene, Sanità Pubblica e Veterinaria;
  • Regolamento comunale edilizia;
 
 
 
 

Ultimo aggiornamento: 12-12-2018

 

QUESTA SCHEDA E' IN FASE DI AGGIORNAMENTO. La riforma di ampio respiro della Pubblica Amministrazione inaugurata con la L. 124/2015 - c.d. Madia - e, di conseguenza, i numerosi interventi a livello di normativa regionale, hanno inciso sotto vari profili anche su diverse delle attività presenti sulle schede vademecum.

Attualmente, stiamo procedendo all'aggiornamento di ogni singola scheda, pertanto, invitiamo l'utenza a rivolgersi al Suap territorialmente competente per appurare l'eventuale sussistenza di ulteriori - o diversi - adempimenti al fine di avviare/modificare/cessare l'attività di interesse.