La storia dello stemma

Stemma 1933

Stemma 1933

 

La Provincia di Bologna viene istituita dal "Dittatore delle provincie modenesi e parmensi e Governatore delle Romagne" Luigi Carlo Farini con il il Decreto n. 79 del 27 dicembre 1859, estensione della legge Rattazzi del 28 ottobre 1859.

"Considerando che la circoscrizione territoriale di queste Provincie, non risponde in molte parti nè alle condizioni topografiche, nè agli interessi economici; Considerando che giova cancellare qualunque traccia degli antichi Stati, dei quali la divisione territoriale era amministrativamente artificiale, come politicamente forzata", su proposta del Ministero dell'Interno del Regno di Savoia, la circoscrizione territoriale viene fissata nei 3 circondari di Bologna, Imola e Vergato.

 

Bisogna però attendere il 1933 perché la Provincia abbia il suo stemma. Il Rettorato della Provincia di Bologna presieduto da Umberto Turchi ne delibera infatti l'adozione il 17 gennaio, autorizzando “il Preside ad avanzare domanda per la relativa concessione Sovrana” di uno stemma che viene così descritto:

"uno scudo sannitico, fregiato del Capo di Savoia, con leone rampante d'oro, in campo azzurro, che leva un vessilo a tre fascie, di verde, d'argento con motto 'libertà' a lettere cucite d'oro, e di rosso. Lo Stemma è sormontato dalla corona prescritta dal regolamento tecnico araldico, formata da un cerchio d'oro gemmato con le cordonature liscie ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro ed uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati (disposti in forma di croce di Sant'Andrea, n.d.r.) e ricadenti all'infuori. Sotto la punta dello scudo è la leggenda “PROVINCIA DI BOLOGNA” scritta a lettere d'oro, maiuscole romane, sopra lista d'azzurro, accartocciata, bifida e svolazzante"

Lo stemma prescelto è quello proposto da Paolo Silvani, “esimio studioso e profondo ricercatore delle patrie storie e tradizioni”, a cui il Rettorato aveva affidato l'incarico di compiere uno studio e presentare proposte al riguardo.

Nella sua relazione, allegata alla delibera, Silvani spiega le ragioni storiche che lo hanno portato a proporre quale simbolo della Provincia di Bologna lo stemma siffatto.

Nel caso di Bologna – afferma Silvani – non è "desiderabile" seguire il criterio di attribuire alle Amministrazioni Provinciali contrassegni araldici formati dalla composizione di quelli attribuiti ai singoli circondari componenti la circoscrizione provinciale, "soprattutto a Bologna dove la divisione circondariale non ha base storica, ma è importata" (con il succitato Decreto n. 79 del 27 dicembre 1859, n.d.r.).

 

A riprova delle sue affermazioni, Silvani compie un vero e proprio excursus storico, per assicurarsi che "quel complesso soggetto di diritto pubblico designato oggi colla espressione di 'Provincia di Bologna' sia stato contrassegnato ed individuato da un simbolo od emblema che a esso fosse proprio".

A suo parere, un momento storico di particolare rilievo per Bologna è quello del moto insurrezionale del 1831, quando le "energie popolaresche e locali", di fronte al decadimento progressivo dell'autorità statale pontificia, rivendicano "alla collettività popolare il diritto di disporre delle pubbliche sorti" e costituiscono il 5 febbraio 1831 il Governo provvisorio della Città e Provincia di Bologna.

 

"Sin dal giorno 7 febbraio 1831 – ricorda Silvani – il Governo provvisorio di Bologna diede ordine che nei sigilli delle autorità tutte, agli stemmi ed emblemi sino allora usati si sostituisse il leone rampante portante la bandiera tricolore con la parola libertà".

Pur se questo regime politico ebbe vita assai breve – la capitolazione avvenne il 26 marzo 1831 – secondo lo studioso "emerge in modo indubbio come esso abbia contrassegnato della sua impronta documenti ed atti giuridici di notevole rilevanza ed alto valore".

E, il Governo provvisorio esercitò la sua autorità in un ambito territoriale sostanzialmente coincidente con la circoscrizione amministrativa provinciale, rappresentativa di quella "comunanza di spiriti che secolarmente si era formata tra le popolazioni della città e del contado".

Pertanto Silvani sostiene il valore simbolico dell'insegna prescelta dal Governo provvisorio e avalla la sua proposta con alcune osservazioni: il leone rampante (simboleggiante il popolo) che leva un vessillo con motto ripete un motivo araldico storico per la città: era espressamente riservato alla magistratura popolare dei "Tribuni della plebe" e si trova anche riprodotto in medaglie e monete bolognesi, come lo zecchino coniato sotto il pontificato del concittadino Papa Benedetto XIV (al secolo Prospero Lambertini). Inoltre, i colori del vessillo sono quelli del tricolore italiano e il latino libertas è sostituito dalla parola italiana libertà.
Ovviamente i colori devono seguire la regola araldica di evitare la sovrapposizione dei metalli e dei “quattro smalti araldici” (bianco, rosso, verde e azzurro): visto il vessillo tricolore, il leone d'oro quindi non può che essere in campo azzurro. Saranno d'oro le lettere del motto libertà.

 

Con Regio Decreto del 6 luglio 1933 "essendo stato il detto nostro Decreto registrato (…) alla Corte dei Conti e trascritto nei registri della Consulta Araldica e dell'Archivio di Stato in Roma", Vittorio Emanuele III concede alla Provincia di Bologna la facoltà di uso dello stemma che tuttora la rappresenta.

Così descritto nel documento: "D'azzurro al leone rampante d'oro che leva un vessillo a tre fasce, di verde e d'argento con motto: "Libertà", e di rosso. Sotto la punta dello scudo la leggenda "Provincia di Bologna" scritta in oro su lista azzurra, accartocciata, bifida e svolazzante. Corona regolamentare racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia".

 

Nell'ottobre dello stesso anno, un Regio Decreto ne imponeva la modifica con l'apposizione del fascio littorio in oro, successivamente eliminato così da giungere all'attuale disegno.

 
 

Il gonfalone

Per la realizzazione del Gonfalone provinciale, il 31 dicembre 1933 il Preside della Provincia chiedeva ai Podestà dei Comuni capoluoghi di circondario di inviargli "...copia in carta libera del titolo di concessione o riconoscimento dello stemma..." con "la indicazione particolareggiata della forma e dei colori".

 

Il "gonfalóne" anticamente era lo stendardo del Comune medievale e, genericamente, il vessillo militare e delle varie insegne di magistrati cittadini, di corporazioni civili o di compagnie religiose. Adottare il gonfalone era rappresentare in un simbolo l'insieme di contenuti morali, giuridici, religiosi, associativi che collegavano simbolicamente in un unico ente coordinatore le comuni esigenze e l'unità morale di un territorio.

Pertanto, nel 1934 la Provincia ne affidò l'esecuzione alla ditta S.A. Figli di Ettore Guidastri, su disegno e sotto la direzione di Alfredo Baruzzi.

 

Come descrive Giuseppe Plessi ne "Palazzo Malvezzi tra storia arte e politica" (Provincia di Bologna, 2001), "lo stendardo era costituito da un drappo rettangolare di seta rossa, ricamato a rameggi di quercia e alloro verde-argentei, contornato da una bordura d'argento ornata da motivi geometrici d'oro, terminante in basso con cinque bandoni pendenti da una fascia, tutto di seta azzurra ricamata con rameggi d'argento, ciascuno affiancato da due cordono reggenti fiocchi, degli stessi smalti".

 

In posizione centrale lo stemma della Provincia di Bologna, sormontato da quello del Comune di Bologna, posto fra Imola e Vergato. Al di sotto dello stemma provinciale, quelli di San Giorgio di Piano e San Giovanni in Persiceto. A sinistra, dall'alto in basso, gli stemmi di Bazzano, Castelmaggiore, Castiglione de' Pepoli, Loiano e Minerbio. A destra, Budrio, Castel San Pietro, Crevalcore, Medicina, Porretta Terme.

 

Il disegno del gonfalone attualmente in uso è rimasto lo stesso, ad eccezione dell'unica modifica dell'eliminazione del littorio dallo stemma della Provincia.

 

 

Fonti:

  • Deliberazione del Rettorato Provinciale del 17 gennaio 1933.
  • Regio Decreto di concessione dello stemma del 6 luglio 1933.
  • G. Plessi, Il Gonfalone della Provincia di Bologna in "Palazzo Malvezzi tra storia arte e politica" (Provincia di Bologna, 2001), pp. 307-310