3. LE PECULIARITÀ DEL GIACIMENTO GASTRONOMICO BOLOGNESE, NONCHÉ I CARATTERI CULTURALI E STORICI CHE LO RENDONO DIVERSO ED UNICO

 

Capitolo appartenente alla III parte – individuazione del bene immateriale. Una parte importantissima che connatura e fa comprendere il valore del cibo e del territorio. La qualità del cibo introduce l’argomento della Dieta Mediterranea

I prodotti della natura, si sa, non vengono utilizzati dall’uomo in modo tal quale, come fanno gli animali, ma essi vengono più o meno trasformati.

La coltivazione dei prodotti in campo, l’allevamento degli animali, la filiera di trasformazione agro alimentare, la manipolazione che avviene in cucina prima che l’alimento giunga alla bocca, e soprattutto la scelta del cibo, sono un complesso di atti ascrivibili solo e semplicemente alla cultura.

In cucina non esiste un principio di autorità, vige la critica e l’autodeterminazione, vi è sempre però un filo conduttore, tra il cibo che mangiamo, il territorio e ciò che ci circonda.

Al centro del nostro mondo, c’è sempre una pietanza che in quel momento e per quell’evento prediligiamo.

Sotto tutto c’è la ricetta e con essa la scelta degli ingredienti e quindi un procedimento per confezionare.

L’idea di cibo che abbiamo, si modifica costantemente nel tempo, e tutto ciò configura l’identità umana e la cultura che comunichiamo.

Il sapere della ricetta è fondamentale per determinare la nostra cultura gastronomica.

La ricetta non è solo quella del piatto che realizziamo nella cucina di casa o del ristorante, ma il sapere della ricetta è anche quello della produzione di un salume, di un formaggio, della vinificazione della panificazione, insomma tutto è una ricetta. Andando oltre, anche la pratica agronomica o dall’allevamento è una ricetta.
Quindi senza la ricetta non esiste cultura gastronomica. Il concetto di ricetta è la vera forza della produzione agroalimentare italiana nel mondo.
In definitiva, e ricette, non possono essere tutte uguali, o uguali per tutti, stabiliscono però una prassi di procedimento.

3.1 Ricettario Bolognese

Il ricettario non dovrebbe fare l’elencazione delle ricette e men che meno fare la conta di tutte le preparazioni riscontrabili sul territorio, sarebbe un lavoro improbo ed inutile.

Citare le ricette ha il significato di proporre la semplice testimonianza, ad indicare i piatti ed i prodotti che hanno uno loro specifica storia ed un particolare rapporto con il territorio.
Una ricetta od un prodotto, possono essere riportati, non per notorietà, ma per valore storico, come schegge che arrivano dal passato e che è giusto ricordare, in quanto possono servire per le creatività e per le evoluzioni future.
I fatti importanti, sono quelli che stanno dietro alla ricetta, vale a dire, gli aneddoti e la cultura che ha contribuito a creare il prodotto od il piatto.
È quindi opportuno elencare i piatti-ricetta del territorio più rappresentativi più o meno in uso presso le famiglie e strutture di ristorazione

3.2 Ricette depositate presso Camera di Commercio Bologna

Al pari dei libri di cucina, le ricette depositate presso la Camera di Commercio per opera di Associazioni ed esperti, testimoniano l’autenticità e la complessità interpretativa della cultura gastronomica bolognese.

Nel tempo, le ricette depositate sono strumenti importantissimi per comprendere le radici agro alimentari della Cultura Gastronomica della Città Metropolitana di Bologna, ciò anche per difendere il sapere e quindi il futuro del territorio bolognese.

Soltanto attraverso la costruzione di una memoria scritta della cultura gastronomica, si accumuleranno le conoscenze, realizzando un vero e proprio sapere costituito.
La cultura gastronomica scritta permette di raccogliere le ricette riconosciute e popolari, gli ingredienti ed i procedimenti per preparare il cibo, fanno capire meglio di ogni altra cosa, la civiltà dell’insediamento umano in un determinato territorio.

Redigere un repertorio scritto, di una determinata elaborazione gastronomica, è un atto fondamentale per comprendere la cucina di una popolazione, ciò, particolarmente a distanza di tempo. La cucina orale, che non lascia tracce, nel tempo è destinata a scomparire.

Fondamentale sarà la delimitazione del perimetro culturale identificabili nelle sagre e nei prodotti del territorio.

3.3 La Dieta Mediterranea in versione bolognese

La Dieta bolognese, se per dieta intendiamo il significato originario del termine, cioè stile di vita, possiamo pensare ad una “versione bolognese” della Dieta Mediterranea, che potrebbe rappresentare il way of life (modo di vivere) per eccellenza.

In effetti, anche a prima vista, la gastronomia bolognese rientra perfettamente in quella piramide universale che siamo abituati a vedere rappresentata in tutte le salse a partire dall’originale dieta mediterranea.

Gli alimenti alla base sono quelli che mangiamo più frequentemente durante la settimana, con il nocciolo duro dei cereali, meglio se integrali, e via via si sale fino alla cuspide dove ci sono i dolci, passando per la frutta, la verdura, la carne, i formaggi, il pesce, il vino.
È quindi ormai assodato che esiste una piramide universale che poi si declina a livello locale (per area geografica omogenea) e personale (per tipo di consumatore).

I dettami della piramide alimentare/dieta mediterranea si applicano concretamente in modo diverso a seconda del luogo del Pianeta e, zoomando ancora, a seconda del luogo dello Stivale dove ci si trova. In Asia si mangia diversamente dall’Europa, le isole sono una cosa e le Alpi un’altra ancora. Questo perché ogni ambiente geografico ha la “sua” frutta, la “sua” verdura, i “suoi” allevamenti e i “suoi” cereali, ma anche le sue tradizioni e la sua storia. E la popolazione, almeno quella originaria, ha il “suo” microbioma cioè, semplificando un po’, uno “stomaco” che si è ben adattato a quegli alimenti.
Il punto focale è questo: è possibile seguire lo stile di vita mediterraneo interpretando la cultura gastronomica bolognese, sarebbe opportuno lavorarci affinché la rivendicazione risulti chiara e corretta, proprio perché la Dieta Mediterranea è patrimonio dell’UNESCO ed è quindi opportuno rifarci a questo concetto.
I principi sono abbastanza semplici, nel mangiare ci vuole equilibrio consumando e fruendo dei prodotti tipici del luogo in cui si è nati, privilegiando la stagionalità e la logica, quando è possibile, del “chilometro zero”, vale poi la diversificazione della dieta “media” in base all’età, al sesso, all’occupazione.

Questo modo di vedere e concepire l’alimentazione è un salto logico, la Dieta Mediterranea è patrimonio dell’UNESCO, riconoscimento assai meritato, proprio per il fatto che oltre ad essere locale la dieta, intesa come stile di vita, ha carattere universale, quindi è un bene di tutti; di qui il motivo della interpretazione della Cultura Gastronomica della Città Metropolitana di Bologna in chiave Dieta Mediterranea, non faremmo altro che adottare delle regole universali, declinate però in base all’area geografica e con le appropriate specificità.

3.4 Le sagre

Sul territorio si svolgono numerose iniziative, sarà opportuno fare un censimento delle vere sagre per rilevare l’importanza culturale delle tradizioni ancora molto vive e le sagre ne sono una testimonianza.

3.5 I prodotti del territorio

La rilevazione dei prodotti tipici del territorio dovrebbe servire a circoscrivere il perimetro del patrimonio produttivo che significa anche tradizione, civiltà e qualità del cibo.

  • 3.5.1 Vini
  • 3.5.2 Birra
  • 3.5.3 Il Cioccolato
  • 3.5.4 I Liquori
  • 3.5.5 Il Frumento
  • 3.5.6 Formaggi
  • 3.5.7 Salumi
  • 3.5.8 Le Conserve
  • 3.5.9 Miele