Comunicato stampa

FICO: quando la PA si impegna per la collettività (ristretta) - 12 novembre 2017


 

In questi giorni è prevista l’apertura di F.I.CO., Fabbrica Italiana Contadina, che nelle intenzioni del gestore, l’onnipresente Farinetti di Eataly, dovrebbe diventare una vera e propria Disneyland del cibo italiano, capace di attrarre più di 6 milioni di visitatori all’anno e di far conoscere la cultura agroalimentare italiana nel mondo. Il progetto ha coinvolto decine di imprenditori autonomi del settore, ed ha creato numerosi posti di lavoro. Tutti contenti quindi e chi solleva qualche critica viene tacciato di essere il solito “complottista gufo populista grillino” che nell’immaginario degli avversari politici del M5s rappresenta la maggior parte delle persone che ne condividono le idee ed i principi. Il punto è che dal progetto in se non vi è dubbio che se ne avranno risultati positivi e che la struttura realizzata sarà gradevole e bella, le perplessità sono più che altro su quali saranno i reali destinatari dei benefici economici del parco agroalimentare una volta a regime.

 

Dalla trasparenza della filiera produttiva all’effettivo guadagno delle aziende agricole coinvolte, dalla qualità della gestione del personale alle modalità di selezione, fino all’effettivo coordinamento con la destinazione turistica per sfruttare FICO come attrattore di turismo nelle aree rurali, le domande da porre sarebbero molte e non ci sembra che ci sia stato tanto dibattito in merito. Se poi aggiungiamo che a solo 1 km di distanza è presente un inceneritore di Hera (che anche chiamandolo termovalorizzatore sempre di incenerire rifiuti si occupa) e che la valutazione di impatto ambientale e delle emissioni cancerogene non sono state prese in considerazione in quanto i prodotti realizzati all’interno di FICO negli spazi dedicati ad agricoltura ed allevamento non sono destinati a trasformazione o consumo, ma a mere finalità didattiche, forse qualche perplessità sulla bontà del progetto sorge o dovrebbe sorgere spontanea.

 

Anche se il progetto sembrerebbe di natura totalmente privata, occorre ricordare che FICO ha beneficiato di circa 55 mln di euro di patrimonio immobiliare del Caab del comune di Bologna e di alcuni milioni di euro di investimento da parte della Camera di Commercio, per cui forse qualche accortezza in più sulle procedure di gestione del progetto, come ad esempio utilizzare un bando di gara pubblico per l’assegnazione dei lavori, sarebbe stata opportuna. Come pure gradito sarebbe stato l’interessamento dell’ANAC in merito alle valutazioni della trasparenza delle procedure di affidamento.

 

Siamo lieti che a livello istituzionale non siano nati ostacoli o impedimenti di sorta, ma conoscendo un minimo la complessità della macchina amministrativa su questi temi, più che di efficienza della pubblica amministrazione sembra invece che questa abbia lavorato per favorire un privato senza valutare pienamente i benefici per la comunità che invece vengono considerati attentamente in un normale partenariato pubblico/privato.

 

Infine, non ultima, è la considerazione sui prezzi non proprio “popolari” che Eataly pratica al pubblico che se dovessero essere mantenuti anche in questo progetto, più che FICO, il parco rischia di essere conosciuto come FICHETTO: il cibo per molti ma non per tutti!

 

Bologna, 12 novembre 2017

Il consigliere metropolitano

Paolo Rainone (M5S)

 


Data ultimo aggiornamento: 15-11-2017