Il periodo fascista

Lo stato di "umiliazione delle autonomie locali" è ribadito dalla scelta centralista del regime fascista, che ritiene pregiudizievole qualsiasi forma di decentramento istituzionale. A seguito di uno dei periodici dibattiti - promossi dall'opposizione parlamentare - sulla soppressione delle Province e a favore dell'istituzione di un Ente regionale, il governo Mussolini elabora una riforma articolata in varie leggi: il Regio Decreto (R.D.) 30 dicembre 1923, n. 2839, che riscrive parte della legge comunale e provinciale; il R.D. 18 novembre 1923, n. 2538, sulle finanze locali; i RR.DD. 30 dicembre 1923, n. 2885 e 15 novembre 1923, n. 2506 che ampliano le funzioni in materia sanitaria e stradale.
La riforma si completa con le leggi 18 giugno 1925, n. 1094, per la costituzione dei Consigli provinciali e della Giunta provinciale amministrativa (G.P.A.), organo giurisdizionale di controllo; 23 ottobre 1925, n. 2113, che istituisce il servizio ispettivo sui Comuni e sulle Province; 23 ottobre 1925, n. 2289, che riguarda le responsabilità degli amministratori dei Comuni e delle Province e l'approvazione dei conti di detti enti.

La tradizionale tripartizione degli organi provinciali, in atto dal 1859, in Consiglio provinciale elettivo, Deputazione provinciale e presidente di quest'ultima, permane fino all'abolizione delle rappresentanze elettive operata dal regime fascista (sfociata nelle leggi 4 febbraio 1926, n. 237 e 13 settembre 1926, n. 1910, che introducono nei Comuni la riforma dei podestà; con la legge 27 dicembre 1928, n. 2962, oltre all'abolizione del Consiglio e della Deputazione provinciale, si affida l'amministrazione della Provincia ad un preside, avente i poteri della Deputazione, e del presidente della medesima ad un rettore, di nomina regia, con i poteri del soppresso Consiglio provinciale.
Il nuovo ordinamento si completa con il nuovo testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 che attribuisce al ministro dell'interno anziché al Re la nomina dei rettori. Si stabiliscono, inoltre, norme più restrittive e rigorose, in analogia a quelle definite per i Comuni, per i controlli amministrativi, non più circoscritti al solo esame di legittimità, ma anche al merito. Le deliberazioni provinciali vengono così esaminate dalla Prefettura, dalla Giunta provinciale amministrativa e dal competente ministero.

Alla caduta del fascismo viene emanato il R.D. 4 aprile 1944, n. 111 che - in attesa delle elezioni amministrative per la ricostituzione degli organi consiliari - detta norme transitorie per l'amministrazione dei Comuni e delle Province e abroga le disposizioni limitative stabilite dal Testo Unico del 1934. Il governo della Provincia è affidato provvisoriamente ad un presidente e l'amministrazione ad una Deputazione provinciale, entrambi nominati dal prefetto.